Camminare?…Marciare?…
Nelle infinite banalità che si leggono sul tema ricorre comunque una certezza: camminare, passeggiare, fa bene.
Si tratta di un’attività motoria di indubbia efficacia, non traumatica, economica, alla portata di tutti a qualsiasi età.
Promuove un significativo lavoro cardiovascolare e stimola la motilità del circolo linfatico, quest’ultimo infatti, non possiede una “pompa” che possa promuovere la circolazione della linfa attraverso i dotti linfatici, come avviene nel sistema circolatorio del sangue attraverso il cuore, ma si affida esclusivamente all’azione dei muscoli che tramite le fasi di contrazione e decontrazione durante l’attività motoria realizzano questa importantissima funzione.
La camminata, non presenta la componente traumatica della corsa che per definizione è una successione di balzi, perché il suo svolgimento è composto invece da una successione di appoggi, non vi è pertanto nessuna fase di volo e l’alternanza dei passi prevede sempre l’appoggio di entrambi i piedi al suolo evitando i traumatici rimbalzi della corsa.
Molto frequentemente, dove viene trattato questo tema, si discute se sia bene camminare con andatura lenta oppure veloce, se sia meglio una andatura lenta per lungo tempo o una veloce per un tempo breve.
Addirittura si teorizza una camminata veloce qualora nella vita quotidiana non si disponga di tempo sufficiente da dedicare ad una qualsivoglia pratica motoria.
Vengono avanzate discutibili ipotesi sul fatto che una camminata con passo svelto, per un periodo breve, possa essere paragonata o sostituire una diversa attività, meno intensa ma protratta per un tempo maggiore.
È evidente che la confusione è tanta, unita ad una buona dose di approssimazione e di scarsa conoscenza dei complessi meccanismi fisiologici che entrano in gioco quando ci si addentra nella pratica delle attività motorie.
Salvo rari casi, le attività motorie sono purtroppo spesso associate soltanto ad un’illusoria idea di dimagrimento, perdita di peso ecc., il camminare, passeggiare naturalmente non sfugge a questo stereotipo.
La inconfutabile realtà ci dice che quando camminiamo ci spostiamo obbligatoriamente da un punto A ad un punto B, compiamo per l’appunto uno SPOSTAMENTO.
E cosa spostiamo? Naturalmente noi stessi, il nostro PESO CORPOREO, insomma per farla breve compiamo un LAVORO.
Senza complicare troppo le cose possiamo appunto osservare che in Fisica il
LAVORO= FORZA x SPOSTAMENTO
Il tempo, in questa rassicurante formula non figura, indicandoci senza ombra di dubbio che il lavoro non è dipendente dal tempo, la durata dell’attività motoria non influisce sulla quantità di lavoro svolto.
Posti due soggetti S1 e S2 con identico peso corporeo, se camminando, il soggetto S1 percorre 1 km in 3 ore e il soggetto S2 in 10 minuti possiamo sicuramente affermare che entrambi i soggetti S1 e S2 hanno compiuto lo stesso identico lavoro.
Ma allora qual è la differenza fra Il lavoro compiuto da S1 e S2?
La risposta è molto semplice, si tratta della:
quantità di lavoro svolta nell’unità di tempo che prende il nome di INTENSITÀ.
S1 ha svolto lo stesso lavoro di S2 ma con intensità minore.
Questa osservazione ci mette in grado di fare un distinguo non di poco conto sui meccanismi fisiologici che regolano le attività motorie introducendo la distinzione tra: lavoro aerobico e lavoro anaerobico
Dove non cambia la quantità del lavoro svolto ma la via energetica utilizzata per svolgerlo.
Pertanto S1 avrà svolto un lavoro aerobico, attingendo l’energia necessaria dall’ossidazione degli acidi grassi attraverso la via metabolica denominata catena respiratoria che, come si evince dal nome, utilizza l’ossigeno e produce energia più lentamente rispetto alla prima, non consentendo attività intense ma con il grande vantaggio di non avere produzione di Acido Lattico e di poter protrarre il lavoro senza soluzione di continuità.
S2, invece avrà svolto un lavoro anaerobico traendo energia prevalentemente dai carboidrati attraverso la via metabolica denominata Glicolisi Anaerobica che consente di produrre energia dagli zuccheri con produzione di Acido Lattico, il cui accumulo nel sangue costringerà inevitabilmente il soggetto ad interrompere o a ridurre significativamente l’intensità del lavoro.
In conclusione ed in estrema e semplicissima sintesi, chi si pone il chimerico obiettivo di dimagrire non dovrà farsi ingannare dall’intensità, dalla velocità ma dovrebbe optare per un’attività decisamente aerobica, mantenendo ritmi cardiaci al di sotto delle 120 p/m.
Ricordando che “dimagrire”, in generale perdere peso, non è una cosa che può essere improvvisata, è un processo molto complesso che deve essere affrontato nelle opportune sedi, con l’ausilio di personale medico che tratterà ogni singolo caso costruendo per ciascun soggetto la via da seguire.